Dicembre 1977
Un animo sereno e disteso: un colloquiare pacato, meditativo, di equilibrio e concretezza; occhi mobilissimi, sorriso aperto, che sollecita una comunicativa cordiale e fluida, quasi magnetica.
E poi l'esplosione imprevista ed imprevedibile della sua arte, sia nel dipingere, come nello scolpire.
Così Ilario Mutti, un giovane artista che già ha dato prova delle ampie possibilità e del valido impegno nel trasmettere un mondo di idee, di sensazioni, di vibratili, impalpabili sfumature, nell'estro creativo delle sue opere.
Sin dal periodo delle medie Ilario è investito, quasi aggredito dalla passione per il disegno: ha la fortuna di un insegnante che riesce a coltivare ed a sviluppare in senso positivo questa sua passione: e da qui il passo è breve a deciderlo a frequentare il liceo artistico.
L'indimenticabile Domenico Lusetti incide notevolmente nello slancio a scolpire, ed è al secondo anno di liceo che Ilario sente impellente la necessità interiore di estrinsecare la sua arte anche attraverso i pennelli, partendo dalla grafica, sotto la guida di Zuppelli, per giungere alla graduale maturazione di una cromia coloristica a «chiazze» che diverrà il punto focale di quella armonia di forma e di colore che caratterizza la sua pittura attuale, attraverso un profondo ed intenso stilismo simbolico, nel quale è racchiuso un inno costante alla vita ed alla linfa inestinguibile che la alimenta nel dramma, come nell'apoteosi.
Nella natura, negli alberi, nel ciclo delle stagioni che prevedono le gemme a primavera, l'exploit dell'estate, la caducità dell'autunno, la sonnolenza dell'inverno, preludio ai nuovi germogli, Ilario poggia la sua interpretazione della vita che mai si estingue, ma sempre si rinnova.
Ed il tutto diviene movimento, armonia, slancio verso l'alto, in una informalità suggestiva, vivificata dai rossi intensi e sfumati, dai violetti che digradano nel tenero colore dei lillà: pennellate vitali, intrise di sole, di brezza, di vento, anelito della natura a sopravvivere, ad onta di tutto, nonostante tutto.
Ma, solo la natura? Ed ecco l'uomo che ad essa si sovrappone con lo stesso impeto, con lo stesso slancio, con lo stesso empito, sempre focalizzato al centro delle sue opere, nella sofferenza, teso «ad maiora», poiché, nonostante tutto e ad onta di tutto, crede nella vita, ama la vita, e ne ritrova tutto il sapore nel fuoco d'artificio di quei colori che accendono il suo cuore, il suo spirito, i suoi sensi: ed è l'apoteosi dell'umanità intera.
Nelle sculture la genesi dell'uomo è più raccolta, più meditativa, sempre e comunque struggente in una contemplazione interiore che è ancora, e come no, apoteosi del vivere e del sopravvivere, al di sopra e al di là dei drammi che incombono a tamburo battente su ognuno di noi.
Linee morbide, curve dolcissime: momenti di estasi, in languido abbandono.
Tutto un mondo, quello di Ilario, che l'artista macina dentro di sé, oncia ad oncia, per tradurlo nella esplodente cromia dei suoi quadri, nella soave, lirica espressione delle sue sculture.
"Dall'esuberanza e dalla sensibilità della giovinezza, caratterizzata da quella generosità istintiva e spontanea che accompagna l'azione di un vivere ancora verde ed incontaminato, può sempre nascere qualche cosa di valido e di interessante.
È il caso dell'artista bresciano Ilario Mutti, pittore e scultore, che si raccomanda agli intenditori ed agli appassionati proprio per una sorta di candore, che in arte significa sincerità estrema, sgorgante dalle profondità misteriose dell'anima.
Il tema di fondo muttiano racchiude, in pittura, la tematica dell'uomo coi suoi problemi che vanno dal lavoro alla convivenza sociale.
L'artista è teso ad osservare, con particolare attenzione, l'evolversi della persona umana lanciata verso la possibilità di una completa affermazione individuale.
Nell'impostazione compositiva e nella soluzione Mutti appare un isolato. Vive ed opera in un suo mondo che non assomiglia a quello degli altri.
Ed è questo, forse, uno dei suoi meriti maggiori. Non è aggregato a nessuno e non quindi aggregabile.
Le sue composizioni recano il marchio della sobrietà e la raffigurazione materiale lascia scorgere sempre il segno di una spiritualità particolarmente sensibile ed attenta. L'uomo giostra così, nelle sue opere, non soltanto come il più insigne rappresentante del regno animale, ma anche come l'essere dotato di quel1'intelligenza e di quell'ingegno che gli consente di dominare il mondo in funzione di un traguardo immortale, di una vittoria e di un trionfo dello spirito sulla materia."
Nerina Valeri