Il cavallo quale immagine di forza e libertà può essere la sintesi, come in molti hanno sottolineato, dell’opera di Ilario Mutti ed è senza dubbio vero. Il cavallo è massa energetica par excellence: struttura libera di un essere che è dolce ed eroico allo stesso tempo, ma anche potente e aggraziato, elegante e scomposto, selvaggio e fiero d’esserlo anche quando è domato. Il cavallo, ripensandoci bene, è un’efficace immagine di libera differenza e questo equivale a dire che ciò che esiste, si presenta e si mostra al mondo è sempre senza alcuna pre-figurazione che ne precede il suo accadere.
Non c’è un’essenza nascosta e neppure un’immagine data da ritrovare, è come per il fuoco: pura differenza che nel suo libero modularsi diventa continuamente forma definita.
Il cavallo di Mutti è libero accadere di un unicum irripetibile fatto di segni, posture, gesti, mosse che dettano la singolarità propria di ogni essere vivente. Il fatto di essere pura differenza rende il soggetto cavallo di Mutti una “Funzione Cavallo” e cioè un modo d’essere che si incarna nella forma, ma che non rende tutto ciò che crea Mutti ‘simile al cavallo’ e neppure ‘rappresentazione di un cavallo ideale’. Si tratta, a tutti gli effetti, di un modo d’essere libero che si presenta nella forma e il suo accadere si ritrova in ogni creazione che richiama al cavallo, pur non esaurendolo mai.
Non c’è un cavallo ideale da rappresentare, ma un essere cavallo da declinare e liberare. La “Funzione Cavallo” di Mutti è, per capirci, un modo d’essere delle Corrispondenze, proprio nell’accezione di Baudelaire. Per questo le sue opere risuonano in un armonioso concerto.
Allo stesso modo il ‘900 insegna che la donna è l’altra singolarità che dialoga e con-divide il comune spazio vitale con il maschio: questa libertà che si è dovuta, purtroppo, conquistare (quando dovrebbe essere fra le inalienabili libertà dell’essere vivente) necessita di rappresentazione, perché non è così scontata e neppure consolidata.
Se “donna si diventa” è perché anche la femminilità è una pura differenza che sfugge da sempre al controllo e alla dominazione della gabbia maschile: per questo motivo essa va continuamente ricercata, ri-creata, riconquistata, ri-presentata, senza sosta. C’è, quindi, nell’opera di Ilario Mutti, anche una “Funzione femminilità” che si muove nei suoi corpi e che circola anche, ben evidente, nei corpi dei cavalli. Non che il cavallo sia simbolo della donna o viceversa, ma semplicemente, la “Funzione Femminilità” vive e si ritrova espressa nella “Funzione Cavallo”, come se fosse la sua naturale dimora, fusione artistica di due funzioni che si corrispondono.
Queste due “Funzioni”, quindi, si ritrovano e circolano nelle sue sculture perché hanno bisogno di continua nuova vita che si esprime, e accade, in ogni forma singolare – ed irripetibile – del Nostro. Le due funzioni si fondo insieme nell’idea di movimento che, nell’opera di Mutti, è insita nel concetto di domani. Non c’è domani senza che ci sia idea di movimento. La stabilità, infatti, come d’altronde la conservazione, implicano la staticità. Il divenire, invece, il movimento.
Se, dunque, il movimento è espansione verso un prossimo futuro, allora vien da se che l’espansione chiama al domani, e cioè al ciò che verrà subito dopo quest’oggi che ci lega a una stabilità, precaria, di cui tutti faremmo volentieri a meno. L’arte, da sempre, ha il compito di ricordarci chi siamo e chi vorremmo essere. L’arte guarda al domani come idea di un’espansione dell’esperienza vivente.
C’è molta attenzione nella nostra contemporaneità a tutte le forme viventi, quasi che il pensiero, e l’arte come sua nobile declinazione, si sia reso (finalmente) conto che non si può parlare solo al maschile e solo per conto dell’essere umano bipede (occidentale, per di più…). L’umano, insomma, non è più quel “bipede implume” che l’adagio vuole sia la definizione, generale, imposta da una certo pensiero greco. Non si parla più solo ed esclusivamente di vita umana, ma di vita del pianeta, sia essa umana, animale o vegetale, perché il mosaico della vita, oggi, è composito e guarda a un domani dove si possa, finalmente, convivere fra forme di vita differenti.
L’arte di Ilario Mutti, la sua scultura, arte per definizione statica, ci dice, in estrema sintesi, che la vita non è elemento solo maschile, simbolo, fra l’altro, della stabilità; che il movimento è vita; che la vita è continuo dinamismo (e non staticità, per questo le sue sculture “vivono” muovendosi di continuo…); che dinamismo vuol dire espansione e che, in conclusione, in questo nuovo tassello del suo quarantennale percorso di ricerca, le forme di vita sono molteplici. La donna e il cavallo, e cioè il femminile e l’animale, sono da sempre i pilastri della sua idea di movimento e di futuro, dunque, di vita.
Come accade sempre nell’arte e nell’artista che sa captare i “segni” della propria epoca (come insegna, fra gli altri, Proust), Mutti ha saputo dare corpo a una riflessione che nel corso degli anni non è diventata alla moda, ma semplicemente è diventata presa di coscienza attuale di un’epoca che, se vuole espandersi ancora nel futuro, deve considerare le forme di vita, tutte, sullo stesso piano d’esistenza. Nel futuro, non esistono gerarchie di forme di vita, ma solo l’espansione, e il progredire, di tutte le forme di vita.
Questo è il domani, che ci attende. Se sapremo guardare e vedere.
Luca Cremonesi